La Voce di New York. S.F. Vanni Bookstore, un centro culturale italiano nel cuore del Village
Quella di Sante Fortunato Vanni, arrivato dalla Sicilia a New York nel 1884 per aprire una libreria, con annessa stamperia, è una storia d’altri tempi. L’immigrazione italiana era al culmine, New York era fatta di gang, avventurieri, mendicanti, uomini d’affari con e senza scrupoli, e di tanti uomini e donne che, come Vanni, avevano un sogno, un progetto, e si buttavano a capofitto nel lavoro per realizzarlo. È con questo spirito nel cuore che il 17 febbraio, nel cuore del west Village, riapre la libreria S.F. Vanni, su iniziativa del Centro Primo Levi di New York che con l’occasione presenterà anche i primi libri pubblicati sotto il proprio marchio. Per ora riapre come libreria temporanea, ma si spera che in futuro possa diventare permanente.
Vanni nella sua libreria vendeva i classici italiani, e poi vendeva dizionari, manuali, calendari, cartoline, si occupava di corrispondenza privata e commerciale, e offriva servizi di scrivano per i tanti immigrati analfabeti che volevano scrivere a casa. Sembra retorica adesso, ma non era cosa da poco nella New York di quegli anni là, così lontana dall’Italia e che già cominciava a diventare il centro del mondo. Se vogliamo, la libreria Vanni era un centro culturale italiano e al tempo stesso un centro di servizi per le centinaia di migliaia di immigrati che continuavano ad arrivare.
Dagli inizi di Sante Fortunato Vanni ad adesso, molto è cambiato: sono nate altre librerie, sono arrivate le grandi catene, e infine Amazon e tutti gli altri. E così Vanni, Rizzoli, Gotham Book Mart, Coliseum Books e tanti altri hanno chiuso (Rizzoli presto riaprirà in una nuova location). La storia di questa libreria è la storia stessa di un pezzetto di New York, quella New York che cambia, si trasforma, viene comprata, demolita, ricostruita, la New York degli speculatori che negli anni ha spazzato via antichi palazzi, persone, piccoli negozi, e librerie. Ma adesso qualcosa sta cambiando.
La libreria S.F. Vanni riapre proprio al numero 30 di 12th Street, nello stesso edificio che aveva occupato dal 1931 al 2004, dopo essersi spostata qui dalla sede originaria, quella aperta da Sante Fortunato Vanni al 548 di West Broadway.
Natalia Indrimi, direttrice del Centro Primo Levi di New York, ci racconta com’è nata l’idea di riaprire la libreria.
“S.F. Vanni è stato a lungo un mito per chiunque si sia occupato di cultura italiana a New York. Avventori di tutte le generazioni hanno aneddoti a non finire e sono in tanti ad aver immaginato di trovare il negozio aperto, una mattina qualsiasi passando sulla dodicesima strada. Il Centro Primo Levi ha da poco lanciato un nuovo progetto editoriale, CPL Editions, ed è sorta naturale la domanda di quale fosse il nostro posto nella storia della piccola editoria Italiana a New York. Ci è subito apparso chiaro che avevamo un unico precedente, quello di Fortunato Vanni e Andrea Ragusa, entrambi immigrati siciliani”.
Qual è la storia di quell’esperienza?
“Vanni aprì una delle prime librerie della città nel 1884 su West Broadway. Nel 1930 Ragusa arrivò in America come rappresentante dei Fratelli Treves Editori per vendere l’Enciclopedia Treccani. Dopo poco tempo acquistò la libreria, ormai trasferitasi su Bleecker Street, e ne fece una vetrina della cultura italiana in America, portandola sulla dodicesima strada. Dopo la sua morte nel 1974, le figlie, Isa e Olga, hanno continuato a tenerla aperta, per lo più come punto di incontro per gli amanti dell’Italia e offrendo un servizio di libri italiani per corrispondenza. Conoscevamo Olga da molti anni e sapevamo, come tutti, che aveva mantenuto la libreria così come il padre l’aveva lasciata. Le abbiamo chiesto di poterla riaprire con un omaggio a Andrea Ragusa, alla storia di Vanni e per lanciare CPL Editions. Olga si è dimostrata subito entusiasta. Non so se quest’esperienza continuerà oltre i pochi mesi, ma se accadesse, per la libreria manterremo senz’altro il nome S.F. Vanni”.
L’iniziativa è stata del Primo Levi Center, c’è poi stata una persona in particolare che ha lavorato al progetto e seguirà la libreria nel suo periodo di apertura?
“È stato il direttore editoriale del CPL, Alessandro Cassin, a far decollare il progetto, naturalmente in stretta collaborazione con il nostro consiglio direttivo. In questa nuova fase Vanni sarà soprattutto uno spazio culturale dove libri collegati alla storia dell’ebraismo italiano e ai dibattiti aperti da Primo Levi saranno promossi, presentati, letti e messi in scena. Il pubblico verrà a sapere di questi libri frequentando la libreria e poi li potrà acquistare direttamente attraverso normali canali di distribuzione”.
Cosa c’è nello spirito, nell’idea, nelle intenzioni di questa libreria che viene ripreso dall’originale libreria di Sante Fortunato Vanni?
“È uno spazio comunitario, di una comunità che dal Village arriva a Roma, Firenze, Livorno, Gerusalemme, Tripoli, Salonicco, Rodi, Alessandria, Addis Abeba, Parigi e oltre. Uno spazio che viene reso intimo dalla nostra storia, dalle persone e le istituzioni che collaborano col Centro. Penso che la dimensione umanistica, la conoscenza e l’amore per la cultura italiana intesa in senso non campanilistico, e il rispetto per il valori democratici dell’America sono tratti che ci collegano sia a Vanni che a Ragusa. Il passo nuovo è che sia uno spazio dedicato all’ebraismo italiano. Il legame tra passato e presente è anche rappresentato nello spazio fisico che comprende due stanze. Una che abbiamo mantenuto esattamente com’era la libreria negli Anni Trenta e l’altra che, insieme all’architetto Bonnie Roche e al designer Jonathan Wajskol, abbiamo trasformato in uno spazio multifunzionale”.
La location è importante adesso anche per la vicinanza con altri poli culturali italiani. Ci sono delle concrete possibilità che la libreria possa rimanere aperta in quell’edificio oppure state anche pensando all’idea di portarla altrove, se necessario?
“Quest’avventura non è nata con l’idea generica di avere uno posto. Collaboriamo da anni con tante istituzioni che hanno bellissimi spazi. Il pubblico ci segue sul web attraverso il nostro mensile online Printed_Matter che ha oggi oltre 6.000 lettori. Riaprire Vanni è stato un passo preciso, un omaggio alla storia del libro italiano a New York, alla tradizione della “bottega” dove ogni merce è stata portata da qualcuno che ha viaggiato e che l’ha scelta, all’idea di uno spazio in continuo mutamento, tra passato e presente, un richiamo alle “scole”, le piccole sinagoghe italiane che servivano per tante attività comunitarie a seconda dell’ora del giorno o del giorno della settimana. Questo piccolo edificio commerciale in una strada di fastose “brownstones” ha una sua personalità funzionale e modesta ma è uno dei pochi luoghi del Village ad aver mantenuto la sua ragion d’essere per ben più di un secolo. L’idea di uno spazio libri del Centro Primo Levi è legata a questo luogo specifico e se avrà un futuro dipende da questo legame”.
Quali obiettivi e speranze per la libreria, in un momento di costante crescita dell’acquisto di e-book e di fruizione digitale del libro e dei contenuti?
“Come ho detto non si tratterà di una libreria commerciale. In generale penso che il formato in cui si leggono i libri non pregiudichi il desiderio della gente di incontrarsi e parlare di libri. Le librerie hanno svolto questa funzione per più di una secolo e i librai, come i bibliotecari, hanno sempre avuto un ruolo nel selezionare e rendere accessibili libri che influenzano la cultura circostante. C’è un trend di riapertura di piccole librerie dopo il collasso delle grandi catene. Le catene di librerie erano concepite come grandi campionari altamente impersonali e alla fine hanno fallito perché non tutte le aspirazioni umane possono essere omologate statisticamente. Al contrario Amazon, offre strumenti per ricreare, sia pur virtualmente, circoli culturali, che si raccolgano intorno al romanzo d’appendice o alla più sofisticata letteratura critica. Quello che Amazon non offre è un senso di appartenenza nello spazio e nel tempo. Nel mondo di Amazon, tutto accade nel presente e ovunque. I libri però ci rendono parte di narrative temporali e locali e questo è quello che Vanni rappresenta così bene”.
Ed è proprio il bisogno di appartenere, di far parte di una comunità di persone quello che si avverte così tanto, ogni giorno, per le strade affollate di New York, una città che più di altre sembra aver mantenuto, pur nella sua multiformità (o proprio grazie ad essa), un forte senso di appartenenza, prima di tutto al genere umano. Ed è un valore grande, e per nulla scontato.