Un film del 1948 finora sconosciuto racconta il ghetto di Roma e il destino dei suoi abitanti
Al Center for Italian Modern Art la pellicola di Barzini e Marcellini
La proiezione di uno straordinario e finora sconosciuto breve film ha chiuso mercoledì sera al Center for Italian Modern Art il ricchissimo ciclo degli eventi che hanno ricordato quest’anno a New York il Giorno della Memoria.
Girata in bianco e nero nel lontano 1948 e intitolata ”Israele a Roma”, la pellicola era rimasta sepolta, dimenticata da tutti, nell’archivio dell’Istituto Luce ed e’ stata riscoperta solo recentemente dal Centro Primo Levi di New York nel corso delle sue ricerche. La sua storia, sia pure tra mille incertezze, e’ coinvolgente e racconta molte cose sull’inquieta Italia dell’immediato dopoguerra.
Apparentemente, la vicenda narrata nel film e’ semplice. Un giovane uomo, immigrato negli Stati Uniti a causa delle leggi razziali, torna dopo nove anni di assenza nella città in cui e’ nato, Roma, e nell’antico quartiere ebraico in cui e’ cresciuto. Immagine dopo immagine, il film racconta con una mano sensibile e delicata le vicende del vecchio ghetto in cui gli ebrei romani hanno vissuto per oltre duemila anni, il dramma della guerra, gli sforzi per rinascere e ricominciare a vivere senza dimenticare le vittime delle deportazioni e delle Fosse Ardeatine, ma con l’occhio puntato alla nascita dello stato di Israele. Un mondo, insomma, rimasto apparentemente uguale al passato, ma in realtà profondamente cambiato dalle ultime tragiche vicende. Il tutto accompagnato dalle tradizionali musiche e preghiere ebraiche cantate per generazioni nelle sinagoghe romane.
A rendere la proiezione del film particolarmente interessante sono stati una serie di dettagli che nel corso della serata Natalia Indrimi, direttrice del Centro Primo Levi di New York, ha spiegato agli intervenuti che hanno gremito la sala del museo e i commenti fatti subito dopo da Ruth Ben Ghiat, Raffaele Bedarida e Alexander Stille, i tre oratori che il direttore del CIMA, Nicola Lucchi, aveva invitato.
A firmare una pellicola sensibile nei confronti di una minoranza discriminata e perseguitata negli ultimi anni della dittatura sono stati il regista Romolo Marcellini, e il soggettista, Luigi Barzini Jr, due intellettuali che in passato erano stati, sia pure in modo diverso, vicini al fascismo.
Marcellini, infatti, aveva girato dal 1937 al 1942 diversi documentari celebrativi sui volontari fascisti che combattevano accanto ai franchisti in Spagna ed era stato candidato alla Coppa Mussolini per il miglior film italiano. Luigi Barzini Jr, da parte sua, aveva avuto una carriera più complessa, ma era stato considerato una voce vicina al regime durante i suoi anni di corrispondente dagli Stati Uniti, dall’Etiopia e da Londra.
Nel raccontare una storia con cui volevano probabilmente presentarsi al pubblico con un volto nuovo a tre anni dalla fine della guerra, Marcellini e Barzini avevano pero’ certamente anche avuto l’aiuto di qualcuno che conosceva molto bene, dall’interno, il mondo ebraico romano nelle sue mille sfaccettature economiche e sociali. Il suo nome non e’ sicuro, ma molti indizi puntano su Giacomo De Benedetti, lo scrittore, saggista e critico letterario che per primo aveva descritto dal vivo la deportazione degli ebrei romani nel 1943 e aveva lavorato insieme a Barzini nell’immediato dopoguerra.
“Le nuances e i dettagli rappresentati fanno pensare a qualcuno che conosceva molto bene quel mondo, con le similitudini e le differenze tra il piccolo mercante del ghetto e il sofisticato antiquario di Via del Babbuino – ha osservato nel suo intervento Raffaele Bedarida, uno studioso del futurismo e dell’Arte Povera che insegna a Cooper Union – Perfino le musiche sono sempre quelle giuste”.
In un momento difficile per un’ Italia alla vigilia di una decisiva elezione politica, sono i dettagli a far capire il desiderio di Marcellini e di Barzini di presentare i protagonisti della pellicola in un modo in cui gli italiani possano riconoscersi e insieme le loro esitazioni nel mostrare la sofferenza a un mondo che potrebbe ancora non capirla.
Contemporaneamente, le immagini mostrano anche una voglia di ricostruire che e’ comune. E di fronte a una situazione mediorientale ancora carica di tensioni, e’ il ballo dei bambini a raccontare l’entusiasmo per la nascita dello stato di Israele.
In qualche modo, perfino la scomparsa della pellicola racconta una sua storia. Finanziato con i soldi del piano Marshall, il film era stato sicuramente presentato al pubblico almeno una volta al cinema Barberini a Roma, ma era poi sparito, completamente dimenticato, negli Archivi dell’Istituto Luce.
”Mi ha ricordato quello che e’ successo a Primo Levi, quando nessuno voleva pubblicare ”Se questo e’ un uomo”, ha osservato durante il suo intervento Alexander Stille. In un momento difficile per tutti, insomma, era meglio dimenticare, guardare avanti e non interrogarsi sulle proprie responsabilità.
Adesso, come ha ricordato anche il console italiano a New York , Fabrizio Di Michele, che ha partecipato alla serata, proprio la ricomparsa di un vecchio e commovente film in bianco e nero testimonia un impegno da parte di tutti a non rifare gli errori del passato.