La Repubblica. I due siciliani d’America che fondarono la prima libreria italiana
UN’OPERAZIONE controcorrente nel quartiere della cultura bohémiene delle avanguardie newyorkesi diventato oggi meta di benestanti agé che qui cercano casa. E dove, un po’ per le pressioni del mercato immobiliare un po’ per la crisi molti luoghi simbolo stanno scomparendo. È stato così per la prima sede della libreria Rizzoli dove Woody Allen girò una scena di Manhattane anche per l’Amato Opera, il piccolo teatro della lirica italiana che ha alle spalle sessanta stagioni di programmazione.
Ma chi erano Fortunato Sante Vanni e Andrea Ragusa? E cosa hanno rappresentato nella vita culturale e sociale degli italiani in America tra Ottocento e Novecento? Alessandro Cassin, direttore editoriale del Primo Levi Center sorride: «Due visionari, seppure in modi e tempi diversi. Ecco chi sono stati».
Vanni arriva a New York nel momento massimo dell’emigrazione italiana. A partire dalla Sicilia sono soprattutto contadini che oltreoceano diventano braccianti e operai dell’edilizia. Lui ha un’altra idea: vendere libri agli italiani e aiutare i suoi connazionali ad integrarsi. Lo fa investendo sulla piccola bottega al 548 di West Broadway. Qui vende soprattutto libri scolastici e giornali in lingua italiana, cartoline, romanzi di appendice e classici della letteratura italiana. Ma pubblica anche un vocabolario dal siciliano all’italiano e un Almanacco in stile Barbanera. La libreria diventa presto un punto di riferimento per gli immigrati.
«Vanni è libraio ma anche scrivano a cui tanti analfabeti dettano le lettere per inviare notizie ai famigliari rimasti in Italia o chiedono di sbrigare pratiche negli uffici: atti di nascita, licenze di matrimonio, pratiche di affitto», dice Cassin.
In vendita, come dimostra uno dei cataloghi del 1908-1909 sopravvissuto al tempo, ci sono moltissimi classici e anche libri di scrittori dell’epoca: Gabriele D’Annunzio, Matilde Serao, Lev Tolstoj. E ancora: libretti d’opera, biglietti d’auguri, manuali tecnici, calendari, biglietti da visita, santini e persino materiale religioso per le diocesi.
Nel 1931 quando Andrea Ragusa arriva a New York, Sante Fortunato è avanti con gli anni. Dietro il bancone c’è il figlio Charles. Sono gli anni della depressione economica, per strada la gente dorme in case di cartone e i flussi di ingresso nel Paese sono controllati. Ragusa ha 35 anni e una consolidata carriera editoriale alle spalle. È stato a lungo procuratore della casa editrice d’arte Bestetti e Tumminelli di Milano, segretario della “Nuova Antologia” (dal 1926 al 1930). E, dal ‘29, anche direttore generale del gruppo delle librerie e della Casa editrice Treves. A New York arriva per vendere l’enciclopedia Treccani alle famiglie di emigrati Italiani. Lo manda lì Giovanni Gentile allora a capo dell’Istituto Treccani.
Ma la sua avventura editoriale sarà un’altra come racconta la figlia Olga in un libro (Andrea Ra-gusa editore — Libraio italiano a New York dal 1-931 al 1-974, Edizioni Polistampa 2004) e sarà legata a doppio filo alla libreria Vanni. Classe 1896, Ragusa è quinto di sette figli. Il padre è sarto e di grande vedute. Porta la famiglia a Tunisi dove i ragazzi frequentano le prime scuole. Qualche anno dopo sposta tutti a Milano dove Antonino (il maggiore dei figli) si laurea alla Bocconi. Il ritorno in Sicilia, a Catania, durerà pochi anni fino allo scoppio della prima guerra mondiale nel 1915. E poi, nel 1921 Ragusa vi tornerà con la moglie Anna, figlia di un ufficiale di carriera austriaco, conosciuta alla fine della guerra a Innsbruck. Nel ‘23 è di nuovo tra Milano e Roma per lavoro.
Ma tant’è. Nel 1931 Andrea Ragusa rileva la libreria e ne sposta la sede da West Broadway, oppressa dalla ferrovia sopraelevata, a Bleecker Street, una delle strade principali del Greenwich Village, ricca di negozi, uffici, caffè. L’azienda si trasforma nella Italian Publishers S. F. Vanni. E in poco tempo diventa il punto di riferimento per chiunque in America voglia un libro o un testo italiano. «Fu un precursore — dice Cassin — perché inventa la vendita per corrispondenza ben prima di Amazon ». Non solo: da qui passano anche giornali e riviste che vengono gestiti in un reparto speciale che settimanalmente spedisce da New York negli Stati Uniti e nel Canada circa 100 mila copie. Tra i quotidiani, quelli delle maggiori città italiane compresa Palermo. Fin da subito la Italian Publishers collabora con la Casa italiana della Columbia University. A dirigerla c’è Giuseppe Prezzolini, giornalista e scrittore, fondatore all’inizio delsecolodelsettimanale La Voce.
L’incontro avviene grazie a Giovanni Gentile, allora a capo della Treccani di cui Ragusa porta con se una lettera a New York. «Trovo un editore che mi rassomiglia», scriverà Prezzolini in uno dei capitoli di L’Italiano Inutile( pubblicato da Longanesi nel 1953) dedicato proprio a Ragusa. La nuova casa edi- trice, inoltre, guarda agli autori contemporanei e pubblica testi inediti. Ci sono quelli di Prezzolini come Italy and The Italians in Washington’s Time, messo in stampa per il centenario della nascita di George Washington, ma anche di altri autori a New York in quegli stessi anni. Tra gli altri, quel Uguccione Ranieri (l’atto unico Con le signore c’è più gusto), che anni dopo lancerà la campagna per l’intitolazione a Giovanni Verrazzano del ponte costruito a New York per collegare Brooklyn a Manhattan (prima intitolazione a un europeo). Mentre tra i titoli pubblicati c’è anche Perelà: The man of the smoke, adattamento del romanzo diAldoPalazzeschi.E Italian Cook Book (1939) una delle prime edizioni dell’opera di Pellegrino Artusi, giornalista e critico gastronomico: una raccolta di ricette di cucina italiana autentiche. La novità sta nel pubblico a cui si rivolge Ragusa: non gli immigrati italiani ma i loro figli e nipoti ormai integrati nella cultura locale e proiettati non più nel passato ma nel futuro. La sua ambizione è poi quella di fare conoscere la cultura italiana ed europea in America. Un percorso rallentato dalla seconda guerra mondiale e dalla contrapposizione tra Italia e Usa nel conflitto. La libreria Vanni sopravvive comunque grazie all’idea di Ragusa che convince il governo americano a stampare libri di lettura per i prigionieri di guerra italiani nei vari campi di concentramento alleati. Decine di titoli tra cui I Promessi Sposi, il Piccolo Mondo Antico, I Malavoglia.
Nel 1945 per la libreria inizia una terza vita. Il nuovo nome è: S. F. Vanni, Publishers and Booksellers. La nuova sede è al numero 30 della dodicesima strada. Lì dove ora sta per riaprire per alcuni mesi come centro pop up e luogo di lettura e incontri letterari. Dalla zona “italiana” con la sua vita popolare alla «zona cittadina, a nord del Washington Square, off Fifth Avenue », scrive Olga Ragusa. A pochi passi c’è la libreria degli Stechert, dinastia di librai austriaci, tra le più moderne del continente. La Vanni diventa punto di riferimento anche di intellettuali pacifisti e poeti ebrei costretti a scappare dal loro paese. Come il filologo austriaco Leo Spitzer o il poeta francese André Spire, militante sionista. Dello stesso periodo anche i rapporti con Mario Pei considerato uno dei maggiori poliglotti del XX secolo. In quasi 40 anni la Vanni pubblica 138 titoli. Libri per le scuole, testi inediti, studi specialistici, riviste (come World, organo del Circolo linguistico di New York). Veleggia fino al 1974 quando Andrea Ragusa viene ucciso per una rapina di fronte al negozio. Le redini passano alle figlie Olga e Isa. Ma la Vanni smette di pubblicare e si spegne lentamente e nel 2004 chiude i battenti. Fino a qualche mese fa quando davanti alla vetrina al numero 30 della Dodicesima strada del Greenwich Village si è fermato Alessandro Cassin.
Oggi la libreria, di proprietà di Olga Ragusa, è composta da due sale: la prima è uno spazio multifunzionale, la seconda mantiene la forma originale con edizioni rare e vecchi mobili. Al marchio S. V. Vanni si affianca quello di Edizioni CPL del Centro Primo levi di New York che qui presenterà le sue pubblicazioni. «Ci auguriamo — dice Cassin — che questa libreria torni a essere una vetrina per la piccola editoria italiana». Per la S. F. Vanni, forse l’inizio di una nuova vita.